Il commercio di cannabis diventa virale

Che il morbo del business legalizzato dell’erba in America potesse riuscire a contagiare l’intero globo lo si era intuito da tempo, ma la conferma è arrivata l’8 novembre scorso quando – in contemporanea con le elezioni presidenziali che hanno decretato il trionfo di Donald Trump – diversi Stati hanno indetto e approvato un referendum sulla legalizzazione della cannabis. Si tratta di California (sesta più grande economia al mondo), Nevada, Massachussetts e Maine che vanno ad aggiungersi a Colorado, Washington, Alaska, Oregon e Washington D.C., dove era già consentito fumare spinelli liberamente. A questi 9 Stati vanno sommati i 19 (su 50) in cui è consentito l’esclusivo uso terapeutico.

 Insomma, il consumo e la richiesta di materia prima stanno aumentando esponenzialmente. E l’industria capitalista non perde tempo ad adeguarsi. Il direttore dell’Arcview Market Research, Tom Adams, ha consegnato ad una nota ufficiale la sua convinzione, supportata dai dati, che, prima di quella della marijuana, le uniche industrie capaci di raggiungere i 5 miliardi di spesa annuale, crescendo poi di circa il 25% l’anno nei successivi 5 anni, siano state quelle della tv via cavo (19%) e di internet su banda larga (29%) a cavallo degli anni 2000.

Boom che si spiegherebbe anche con il successo di pubblico ottenuto da “metodi di assunzione alternativi” come vaporizzatori, spray e prodotti alimentari. A dirsene convinto è Troy Dayton, amministratore delegato della Arcview, secondo il quale “questa è una delle ragioni principali per le quali le persone lasceranno il mercato illegale per quello legale”, perché “sono prodotti che non si possono trovare sul mercato nero”. Intervistato dalla prestigiosa rivista Business Insider, Dayton ha aggiunto che “se si guarda al mercato globale, non si è mai visto un fenomeno con una crescita così consistente per un così lungo periodo come quello dell’industria della cannabis”. #business della marijuana

Fonte: Blasting News