I cannabinoidi idrosolubili che cambiano le regole del gioco
Già presenti nel mercato della West Coast, col tempo potrebbero completamente rivoluzionare la cucina a base di cannabis, e più in generale, le modalità di consumo e assunzione: sono i cosidetti cannabinoidi idrosolubili in polvere.
Da sempre il consumo di cannabis è idealmente associato al triturarne e polverizzarne le infiorescenze; la grande novità consiste appunto nel fatto che non si parla di infiorescenze ma di prodotti a base di olio, ulteriormente elaborati per poter essere sciolti in acqua, qualcosa che era considerato impossibile fino a non molto tempo fa.
Di che si tratta? Come funziona? Anche se esistono leggere varianti sulla tecnologia utilizzata dai vari produttori, l’approccio è essenzialmente sempre lo stesso: cannabinoidi come THC e CBD che vengono “incapsulati” nell’amido, o in altri carboidrati. Così facendo le microscopiche particelle dei cannabinoidi si comportano come zuccheri che, a differenza delle sostanze oleose, sono solubili e si sciolgono facilmente in acqua.
Ingerendoli vengono assimilati immediatamente attraverso i canali di assorbimento dei carboidrati; l’organismo li recepisce come carboidrati
riferisce Skyler Bissel parlando dei propri prodotti in polvere. Bissel è COO di Oleo Inc, nello Stato di Washington, azienda che ha impiegato anni nello sviluppo di processi per la produzione di cannabinoidi in polvere che, sciolti in acqua, trasformano in veri e propri infusi alimenti comunissimi come tè, latte di cocco e molti altri.
Bissel spiega come ai prodotti in polvere di Oleo basti circa una ventina di minuti per iniziare a legare con i recettori nell’organismo dell’assuntore, a differenza di quello che accade con i prodotti a base di olio, che vengono immessi nel flusso sanguigno solo quando raggiungono l’intestino (come avviene, ad esempio, con il burro alla cannabis).
La rapidità di assimilazione dei prodotti in polvere riduce notevolmente la possibilità di sovradosaggio, problema da sempre associato ai prodotti a base di olio: impiegando fino a 2 ore per la mostrare i primi effetti, inducono molti consumatori, in particolare quelli più impazienti e meno esperti, ad assumere dosi eccessive, portando spesso alla condizione detta informalmente “too much, too late” (ovvero quando gli effetti si manifestano “troppo, e troppo tardi”).
I cannabinoidi in polvere offrono inoltre potenziali soluzioni ad altre problematiche tipiche dei prodotti alimentari contenenti THC e CBD: Josh Held è uno dei fondatori di Made by Science, un’azienda californiana specializzata in tecniche di incapsulamento per l’industria della cannabis; Made by Science collabora con altre realtà del sud della California, come THC Design, per il lancio di un’intera linea di prodotti in polvere “ottimizzati a seconda dell’applicazione prevista”, ovvero scegliendo di volta in volta formule specifiche per migliorare la solubilità, per rendere il prodotto più adeguato alla cottura in forno, e così via. Per ottenere questo risultato è necessario ampliare i confini della tecnologia già esistente al di la dei carboidrati, in modo che sia possibile ottenere diversi tipi di incapsulamento che liberino i cannabinoidi nel momento in cui vanno ad interagire con la superficie destinata, sia essa acqua o tessuti organici.
Un altro problema caratteristico degli alimenti ottenuti per infusione con prodotti a base di olio è l’omogeneità della distribuzione: le sostanze oleose tendono a formare coaguli e addensamenti, causando una distribuzione non omogenea che porta il prodotto finale ad avere un dosaggio irregolare e poco affidabile, con partite più o meno forti. “Volendo distribuire una determinata sostanza su grandi quantitativi di prodotto, è fondamentale avere a disposizione un metodo per produrre partite con distribuzione omogenea”, puntualizza infatti Held; nei prodotti alimentari a base di cannabinoidi in polvere questo problema è quantomeno mitigato, se non risolto, dalla solubilità in acqua: è lecito aspettarsi che ingerendoli, l’effetto sia più costante e prevedibile, rendendoli decisamente più adatti al commercio e alla produzione di massa.
Held fa anche notare che i prodotti in polvere non devono necessariamente essere sottoposti a cottura, a meno che non sia una scelta precisa del consumatore: non richiedendo alte temperature ne per l’infusione ne per l’attivazione, il prodotto finale avrò un profilo biochimico molto più simile a quello della varietà di cannabis da cui ha origine.
Emily O’Brien di Mondo Meds, un altra azienda californiana nel campo degli alimentari a base di cannabis, racconta come molti dei consumatori ingeriscano i loro prodotti in polvere direttamente dal contenitore, saltando completamente la procedura di preparazione e/o cottura: “da una sensazione simile allo zucchero filato, si scioglie letteralmente in bocca” racconta la O’Brien, aggiungendo che “pur avendo un leggero aroma di cannabis, il sapore è decisamente più simile a quello del burro di cacao, lascia in bocca un retrogusto morbido e cremoso”
La semplicità d’uso dei prodotti in polvere, naturalmente, non si ferma all’applicazione diretta (cioè sulla lingua del consumatore): preparare cibi alla cannabis può diventare qualcosa di basilare come aggiungere un condimento a fine preparazione, con gli alimenti già nel piatto.
Attualmente i prodotti a base di cannabinoidi in polvere sono disponibili solo nella West Coast degli Stati Uniti, ma praticamente tutte le aziende del settore hanno piani di espansione verso tutti i mercati disponibili (ovvero, gli stati in cui è la marijuana è stata legalizzata per fini terapeutici e/o ricreativi).
Contemporaneamente, il trend delle polveri si sta espandendo anche in altre parti del mondo, ad esempio nel Regno Unito, dove la cannabis è ancora illegale anche per uso medico. Fonti rimaste volutamente anonime rivelano come, in mancanza di prodotti commerciali provenienti dagli stati uniti, i pazienti britannici che fanno uso di marijuana stiano iniziando a preparare polveri autonomamente o in collettivi più o meno organizzati, a partire da ingredienti utilizzati normalmente in cucina per ridurre sostanze oleose in polvere (ad esempio, per ottenere polvere di cioccolato).
I cannabinoidi in polvere destano particolare interesse da parte dei pazienti anche a seguito della situazione legale nel Regno Unito: trattandosi di prodotti in forma di polvere, pressoché inodori, i rischi per i possessori che si trovano in contesti di illegalità diminuiscono notevolmente.
Questo filone di prodotti guadagnerà probabilmente grande popolarità grazie alla versatilità che offre, d’altra parte è importante mantenere una certa cautela nel considerarli alla stregua di medicinali adatti ad ogni applicazione per cui è indicata una terapia a base di cannabis; ad esempio, trattandosi di carboidrati complessi, non sono la miglior soluzione in caso di cancro, in particolare in alcuni casi in cui un notevole apporto di carboidrati può aggravare le condizioni del paziente (vedere “Effetto Warburg“).
Tornando agli Stati Uniti, Held prevede un futuro in cui le polveri andranno a sostituire interamente i prodotti a base di olio, offrendo allo stesso tempo una miglior distribuzione e una maggiore integrità degli alimenti stessi, permettendo di offrire prodotti con effetti più costanti e prevedibili.
L’industria della cannabis ha detto la sua, la parola passa ai consumatori degli stati in cui la marijuana è già legale, a cui spettano onori ed oneri del testare e valutare questi nuovi prodotti, in attesa che il mercato si espanda, di pari passo con la legalizzazione.
“Mmm.. si, direi che è cotto, manca appena un pizzico di CBD”
Fonti e approfondimenti: